C.R.O. Umbria

Alimentazione e attivitą fisica
Alimentazione e attività fisica 
È stato stimato che circa il 30% di tutte le forme di tumore nei Paesi industrializzati siano ricollegabili a fattori alimentari, collocando la dieta al secondo posto dopo il tabagismo fra le cause di cancro prevenibili. In generale, un bilancio calorico positivo, con successivo accumulo di tessuto adiposo, e l’aumento di peso (misurabile in genere attraverso l’indice di massa corporea e la circonferenza addominale) rappresentano un fattore di rischio per numerosi tumori, tra cui quelli di faringe ed esofago, cavità orale, stomaco, colon retto, pancreas, polmone, mammella, endometrio, prostata e rene.
 
In Italia, 4-5 abitanti su 10 sono in sovrappeso o sono obesi, con tassi più elevati nelle Regioni meridionali e con una tendenza all’aumento negli ultimi anni. Il fenomeno non risparmia i bambini: la prevalenza media dell’obesità tra i bambini di 9 anni, tra le più alte in Europa, è del 12% e quella del sovrappeso del 35%, anche in questo caso con tassi più elevati al Sud.
Il Codice europeo contro il cancro riporta raccomandazioni specifiche su come si possano prevenire i tumori (ma anche altre malattie croniche, come le cardiopatie) attraverso l’alimentazione e l’attività fisica:
·  evitare l’obesità
·  fare ogni giorno attività fisica azioni prioritarie
·  rafforzare gli interventi nelle scuole rivolti ai ragazzi in età preadolescenziale,
basati su strumenti e metodologie di efficacia documentata e realizzati in
collaborazione tra Azienda sanitaria, istituzioni scolastiche e altri enti, anche del
privato sociale, operanti nel territorio e accompagnati da idonee attività di
formazione degli insegnanti e degli operatori coinvolti
·  sviluppare interventi di prevenzione rivolti ai giovani che non frequentano la
scuola, nei più comuni luoghi di aggregazione giovanile
·  sensibilizzare i medici di medicina generale (Mmg) affinché nello svolgimento della loro attività, identifichino i fumatori tra i loro pazienti e le loro motivazioni a smettere, consiglino tutti i fumatori di smettere, assistano quelli interessati a farlo, indirizzandoli, se necessario, a centri specializzati o a specialisti
·  sostenere i Centri antifumo presenti sul territorio nazionale e favorire l’ attivazione presso le Asl o le Aziende ospedaliere di unità operative, con personale qualificato, dedicate a attività di disassuefazione dal fumo, favorendo così l’accesso a diversi tipi di prestazioni (farmacoterapia, intervento breve, counselling strutturato, terapia comportamentale individuale o di gruppo)
·  sviluppare programmi per la disassuefazione dal fumo nei luoghi di lavoro, in cui è possibile raggiungere fino al 60% della popolazione, in particolare le classi socioeconomiche con maggiore prevalenza di fumatori e i lavoratori esposti a cancerogeni occupazionali
·  rafforzare ed estendere i percorsi formativi specifici per i medici, in particolare per i Mmg
·  coinvolgere operatori sanitari come ginecologi, ostetriche e pediatri per informare le donne che fumano in gravidanza, fornendo assistenza quando richiesto, e per sensibilizzare entrambi i genitori sui danni derivanti dall’esposizione dei bambini al fumo passivo
·  consolidare l’applicazione della Legge 3/2003 sulla protezione dal fumo passivo. 15
·  mangiare ogni giorno almeno cinque porzioni di frutta e verdura e limitare il consumo di alimenti contenenti grassi di origine animale
·  moderare il consumo di alcolici (birra, vino o liquori) a due bicchieri al giorno per gli uomini e a uno per le donne.

Anche l’Oms ha approvato nel 2004 una Strategia globale su dieta, attività fisica e salute, con una serie di indicazioni per i governi e per tutte le altre parti in causa, raccomandando un approccio multisettoriale al problema e l’attivazione di interventi di tipo comportamentale (modificazioni dell stile di vita individuale) e sociale (creazione di condizioni atte a cambiare i comportamenti individuali).

In Italia, con l’Intesa tra Stato, Regioni e Province autonome del 23 marzo 2005, è stato deciso di attuare il Piano nazionale della prevenzione 2005-2007, che individua come problema di salute prioritario l’obesità, in particolare nelle donne in età fertile e nei bambini. Il Ccm ha avuto il compito di individuare le linee operative che consentano alle Regioni e Province autonome di redigere i loro piani d’azione in modo coordinato. A seguito di questo mandato, il Ccm ha messo a punto una Strategia generale di approccio all’obesità, che prevede il coinvolgimento di vari soggetti (istituzionali e non) e mira da un lato a disporre di informazioni affidabili su obesità, sovrappeso, pattern nutrizionali e di attività fisica della popolazione italiana in età infantile e adulta, dall’altro a permettere la pianificazione, a livello regionale e locale, di interventi volti a migliorare la nutrizione e a promuovere l’attività fisica. Gli interventi pianificati dalle Regioni dovranno rientrare nelle azioni prioritarie di seguito indicate.

La pianificazione regionale sarà inoltre supportata da una serie di programmi mirati particolarmente alla definizione di un sistema di sorveglianza su sovrappeso e obesità, pattern nutrizionali e di attività fisica nella popolazione italiana nell’età infantile e tra 18 e 65 anni da parte del Ccm e delle Regioni e Province autonome. La sorveglianza sarà effettuata in tutte le Regioni con il coordinamento e il supporto del Ccm, con lo scopo di ottenere dati sufficientemente affidabili per poter monitorare gli andamenti temporali e le differenze territoriali, stabilire obiettivi realistici degli interventi e verificarne l’impatto.
 
 azioni prioritarie
·  promuovere e sostenere, presso le donne in età fertile, l’allattamento esclusivo al seno almeno fino al sesto mese di vita (i bambini non allattati al seno hanno maggiore probabilità di diventare obesi)
·  favorire nelle scuole la disponibilità di scelte alimentari nutrizionalmente corrette, con speciale riguardo all’eccessivo introito energetico da spuntini calorici e bevande dolcificate, attraverso interventi che prevedano una maggiore attenzione: ai capitolati d’appalto dei servizi di ristorazione scolastica
alla composizione dei menu delle mense scolastiche all’eliminazione di spuntini e bevande caloriche dai distributori automatici alla distribuzione di spuntini a base di frutta o verdura fresche
·  sviluppare, per i bambini, attività educative su nutrizione, educazione al gusto e attività fisica, come parti integranti di programmi di educazione alla salute, tendenti anche a migliorare la capacità dei giovani a individuare le pressioni sociali, incluse quelle pubblicitarie
·  accrescere, per bambini e adolescenti, il tempo dedicato all’attività motoria dentro e fuori la scuola e incoraggiarli a svolgere almeno 30 minuti di attività fisica al giorno, anche attraverso accordi che prevedano la facilitazione dell’accesso alle strutture ricreative e sportive scolastiche, comunali o di altro genere
·  incoraggiare i datori di lavoro a: offrire nelle mense aziendali scelte alimentari salutari, limitando, tra l’altro, l’offerta di bevande alcoliche, secondo quanto suggerito dalla letteratura scientifica facilitare la pratica di un’attività fisica regolare (almeno 30 minuti al giorno) da parte dei dipendenti
·  sostenere, presso i soggetti in sovrappeso e gli adulti in età critica, in particolare le donne dai 50 anni in su, lo svolgimento ed il mantenimento di un’adeguata attività motoria.
·  promuovere e sostenere, presso la comunità, lo svolgimento di attività motorie, attraverso: lo sviluppo di ambienti urbani idonei, migliorando, ad esempio, la disponibilità di piste ciclabili e percorsi pedonali su itinerari anche di interesse paesaggistico e storico-artistico l’invito all'utilizzo delle scale, ad esempio con cartelli posti presso gli impianti automatici (ascensori, scale mobili ecc.) l’organizzazione di manifestazioni o tornei che spingano alla pratica sportiva individuale o di gruppo
·  sviluppare, per la comunità, campagne di informazione nutrizionale, utilizzando i media quali efficaci strumenti di informazione e comunicazione, attraverso campagne appositamente pianificate e tarate su specifici gruppi target.
·  garantire, per la comunità, che le opzioni alimentari più salutari siano disponibili, accessibili e riconoscibili, anche grazie ad accordi con i produttori e con le reti di distribuzione e di vendita degli alimenti, che prevedano, ad esempio, l’uso di sistemi di etichettatura che favoriscano il riconoscimento di tali alimenti e possano costituire uno strumento per educare il consumatore ad un loro corretto utilizzo nell’ambito di scelte alimentari protettive della salute
·  stabilire, con le industrie produttive, rapporti di collaborazione, coinvolgendo anche le associazioni di consumatori, finalizzati a evitare che la pubblicità dei prodotti alimentari, soprattutto di quelli destinati ai bambini, contenga messaggi falsi o fuorvianti in termine di salute.